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Namur, Belgium
Gattofila, razionalmente disordinata, ossessivo-compulsiva part-time.

martedì 26 gennaio 2016

Accadono cose a Namur #2 : l'acqua cheta...

Tutti i racconti su Namur contenevano le parole piccola e tranquilla, di solito accompagnate con un troppo strategicamente piazzato.
Dunque una, forgiata dalle esperienze di altri, si aspetterebbe una cittadina piccola e troppo tranquilla; e invece...

Che testa di ca...ssiera!
Uscita alle sei dall'ufficio, dopo una rapida sosta a casa per svuotare lo zaino e trasformarlo in un capiente-oltre-l'immaginabile porta-spesa, mi incammino con passo baldanzoso verso il supermercato. Arrivata a destinazione, recupero un cestino e inizio il giro tra le varie corsie: peperoni, carote, formaggio, vino, sale grosso etc etc. Scorsa la lista e recuperato il necessario, mi avvio verso le casse. Questo per dire che era tutto assolutamente normale: nessun segnale particolare, nessun indizio di stranezza.
Arrivo alla cassa e la cassiera inizia a passare sul lettore gli articoli acquistati: peperoni, carote, formag... chiaro, no?
Insomma, sfruttando anni e anni di giocate a Tetris riempio il mio capiente-oltre-l'immaginabile zaino e mi accingo a pagare con la carta associata al mio conto belga: la inserisco nell'apposito lettore, aspetto che mi chieda il pin e...

BEEP BEEP! "La carta non è leggibile. Riprovare"

Mah, strano. E' nuova nuova. Sono stata anche attenta al fine di non smagnetizzarla (... non perché mi sia già successo, eh!...). Vabbè. Riprovo.

BEEP BEEP! "La carta non è leggibile. Riprovare"

La cassiera a questo punto decide di intervenire ed estrae la carta: la guarda ("oddio, penserà che è rubata? Mo' come glielo spiego in francese che è tutto uno sbaglio? Chi mi porterà le arance in prigione?"), la riguarda...

... e se la sfrega sui capelli.

Sui corti capelli sale e pepe.

Con intrepida nonchalance la infila di nuovo nel lettore, il quale tutto contento mi chiede il pin e mi fa pagare. Dopo secondi in cui sono rimasta a bocca aperta (letteralmente), esulto con un "c'est magique!", raccogliendo un suo sguardo complice e un qualcosa che doveva voler dire "guarda che è comodo, nun t'o scordà".
Oh certo bella, mai più!

Il sacco, prima parte
Sabato mattina, galvanizzata dall'involontaria dormita prolungata e dallo splendido sole splendente, decido di andare a fare una passeggiata (magari per racimolare qualcosa ai saldi). Esco di casa gioiosa e vedo giungere nella mia direzione ma sul marciapiede dall'altro lato della strada, un uomo: alto, vestito in modo casual, un bel barbone curato e un sacco sulla spalla.
Oh beh, un uomo con un sacco sulla spalla.
Più si avvicina, più quel sacco mi sembra peloso. Oh beh, un sacco peloso.
Però ecco, ora che lo vedo meglio, ha un colore strano: è di un rossiccio di cui non è di solito un sacco, quanto più...

... un gatto.

C'è un uomo, sulla mia via, che cammina tranquillamente con un gatto sulla spalla. Ma mica un micino! Insomma, l'ho scambiato, da lontano, per un sacco: sarà almeno sei chili di bel micione rosso col petto bianco!

Mi devo fermare ad osservare la scena. E quando l'uomo mi oltrepassa, posso ammirare l'espressione paciosa del micione, che si gode sornione la passeggiata al tepore del sole.


Oh, ma è proprio grosso!


Il sacco, seconda parte
Sto tornando a casa dopo aver fatto la spesa: un po' meno baldanzosa per via del peso nel capiente-oltre-l'immaginabile zaino, ma contenta come una Pasqua per l'episodio della cassiera (sono uno spirito semplice, in fondo).
Sto per attraversare la strada e arrivare al mio portone, quando vedo in lontananza una macchina scura, al cui interno non si vede nulla, con un sacco chiaro sul cofano.
Daje co 'sti sacchi.
Essendo la macchina abbastanza lontana, attraverso tranquillamente, ma continuo a fissarla per via del sacco e del fatto che all'interno non si vede davvero nulla. Neanche l'ombra di un guidatore. Un mezzo fantasma!
La macchina si avvicina, arriva in una parte più illuminata della strada e...

... un uomo.

C'è un uomo, sulla mia via, che sdraiato tranquillamente sul cofano di una macchina si aggrappa al cofano alla base del parabrezza e si lascia trasportare. Strabuzzando gli occhi scruto la macchina: cinque uomini neri (si badi, non è razzismo, ma la parte cromatica è importante, per la storia), di nero vestiti, occupano tutti i sedili della nera macchina. Il sesto, con un gilet chiaro indosso (da cui, il sacco!), è stato decretato stia sul cofano della macchina.
La scena è talmente surreale da farmi esplodere in una risata solitaria in mezzo alla strada.
Non curante, la macchina prosegue nella poco illuminata via, per diventare forse di nuovo, chissà, una macchina fantasma con un sacco sul cofano.


Piccola, Namur è piccola. Così troppo tranquilla, però, non sembrerebbe... 

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