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Gattofila, razionalmente disordinata, ossessivo-compulsiva part-time.

domenica 8 ottobre 2017

Parlare tre lingue e peggiorarne due.

Fatto: quasi ogni giorno parlo tre lingue.
Tecnicamente, non c'è nulla da obiettare a quest'affermazione: italiano per parlare con tutte le persone che contano, il francese ormai quasi sempre per le interazioni quotidiane, l'inglese per quando il francese non è abbastanza, per il lavoro quando è importante essere sicuri di avere tutti i dettagli chiari, per aiutare alcuni del dipartimento ad impratichirsi.

Voilà, post finito. Alla prossima!

Ecco, no. Se tecnicamente parlo tre lingue al giorno, nei fatti la questione è leggermente più complessa. Innanzitutto bisognerebbe mettersi d'accordo su quale sia la definizione di "parlare una lingua": se intendiamo "esprimersi in una lingua al meglio delle proprie capacità teoriche", drasticamente il conto scende ad una (a volte nemmeno), ed è sorprendentemente il francese.
Perché se è vero che parlo tre lingue al giorno e che vivere in Belgio mi sta regalando la possibilità di imparare il francese essendone circondata, è altrettanto vero che le mie altre competenze linguistiche stanno peggiorando notevolmente.

L'ingleseCome abbiamo già visto, in Wallonia generalmente l'inglese non è diffuso. E anche all'interno dell'università, in cui uno si aspetterebbe una certa dimestichezza in più, è cosa rara trovare qualcuno che sia fluente: mediamente, chi lo parla ha un vocabolario molto tecnico e limitato, derivante dal materiale letto e scritto nel proprio campo di ricerca. Per il resto, stentano un po'.
Sono forse io uscita direttamente da un Oxford English Dictionary? Certo che no, e anzi direi che l'espansione del mio vocabolario abbia raggiunto negli ultimi anni una sorta di hiatus, per cui non ho imparato innumerevoli vocaboli nuovi (seppur qualche aggiunta ci sia stata).
Sono (ero!) forse io l'ultima degli sfigati in inglese? Nemmeno questo è corretto: nel mio momento di conoscenza massima della lingua, vantavo una certa fluidità, un discreto carnet di sinonimi e sfumature e quasi un accenno di accento di Londra. Certo, abitarci aiutava.
Si può quindi dire che in media il mio livello di inglese sia più alto rispetto a quello delle persone che mi stanno intorno, e questo ne sta determinando, paradossalmente, un peggioramento. Uno dei requisiti fondamentali della comunicazione, infatti, è l'efficacia: risulta quindi inutile, se non addirittura controproducente, utilizzare termini più corretti ma meno conosciuti avendo un'audience il cui livello di inglese è inferiore al proprio. All'inizio lo facevo, e di fronte all'espressione basita (F4, cit.) di chi mi stava di fronte mi toccava capire quale fosse l'inghippo e poi ripetere la frase modificando l'arcana parola con una più generica ma comprensibile; dopo un po' si capisce l'andazzo e non ci si prova più. Questo però determina il fatto che io mi stia abituando a parlare un inglese meno ricercato di quanto potrei, e della differenza mi accorgo quando vado in Inghilterra.

L'italiano. Whatsapp è meraviglioso per chi è lontano da amici e parenti perché permette di rimanere in costante contatto. D'altronde allo stesso tempo riduce la necessità e le occasioni in cui si parla a voce (o colma il fatto che queste occasioni non ci sarebbero comunque, in alcuni casi). Il mio interlocutore principale è G., il quale come me è nella posizione di parlare, leggere e scrivere una lingua straniera per la maggior parte della giornata. Capita quindi spesso che non ci sovvenga il termine corretto in italiano perché nella testa campeggia quello inglese o francese: all'inizio eravamo molto più disciplinati, commentandoci a vicenda con occhiatacce e sberleffi quando non riuscivamo a richiamare la parola; ora stiamo un po' cedendo, e capita più spesso che un eventuale inglesismo scorra notato ma non ripreso.
D'altra parte, il continuo confronto di lingua e cultura che avviene giornalmente con E.A., santa compagna di ufficio e di interscambio belga-italiano, fa sì che rifletta spesso sul significato e il contesto di alcune parole italiane, sui loro sinonimi e sfumature, per cui il fenomeno di "annacquamento" è leggermente limitato.

Paradossalmente, quindi, è il francese l'unica lingua che non sta peggiorando.
"Ma va' là!, che esagerazione! E allora i post che scrivi in italiano?".
Tra la scrittura e il parlato esiste una profondissima differenza: non si scrive quasi mai "in diretta". E meno male, sennò col cavolo che sarei riuscita a tradurre "recollect". Mi ci sono voluti solo cinque minuti, insomma.